Ascolto, comunità ed educazione dopo una ferita che interpella tutti
La scelta del consultorio familiare, che da anni opera in città prima per iniziativa di alcuni decanati e poi confluito nella fondazione Edith Stein, di aprire in accordo con la comunità pastorale uno sportello di ascolto gratuito per ragazze e ragazzi, giovani e famiglie degli oratori non è solo una novità.
E non è solo, come sarebbe facile e semplicistico pensare, una conseguenza di quanto accaduto negli anni scorsi ed emerso in tutta la sua gravità tra il 2024 e la primavera di quest’anno relativamente alla condotta di don Samuele Marelli. Al di là di sentenze e iter processuali ancora in corso, lo ‘strappo’, per molti versi una vera e propria ‘ferita’ sul piano umano oltre che psicologico, è stato grave e profondo ma ha anche messo in luce come nei ragazzi e giovani, di ambo i sessi, sia allora come ora, vi siano fragilità e problematiche legate ai loro percorsi evolutivi e di crescita, nelle relazioni familiari e nella gestione del rapporto e nella socializzazione tra di loro, nello sviluppo del corpo e nei processi di individuazione delle identità che non si fermano di certo agli ingressi degli oratori.
Che sono e restano presidi educativi e formativi ineludibili non solo sul piano spirituale ma anche sociale e relazionale.
Ma che, con gli stessi genitori sempre più parte, con i sacerdoti, gli educatori professionali e/o volontari (inclusi catechisti, animatori, dirigenti e allenatori sportivi), di una comunità educante responsabile e consapevole del proprio ruolo e compito, in costante attenzione e sforzo di preparazione, si rende conto di una complessità educativa più ampia, delicata, difficile da affrontare e che richiede apporti e supporti qualificati ancorchè saldamente ancorati ad una visione e concezione antropologica cristiana.
Compito e dovere di una comunità è proprio quello di interrogarsi e confrontarsi con le complessità che la società presenta e nella quale e con la quale vive, cammina, cresce e progredisce, in tutte le sue componenti.
Ma c’è una parola ‘chiave’ nella iniziativa assunta dalla comunità pastorale ed è ‘ascolto’. Una modalità del vivere, del comunicare, del relazionarsi che per molteplici ragioni si è rivelata e si rivela più complicata che difficile e che nelle giovani generazioni si è rivelata sempre più acuta sino a sfociare in fenomeni di disagio a tutti i livelli e forme.
Ripartire dall’ascolto è stata del resto la prima indicazioni dei diversi cammini sinodali intrapresi dalla Chiesa a tutti i livelli e gradi, proprio perchè condizione indispensabile per riannodare i fili di una trama della fede sfilacciata e consunta ed innervarla di nuova linfa grazie anzitutto e soprattutto allo Spirito.
Un cammino che è ben lungi dall’essere concluso ma che è per la natura stessa della Chiesa continuo e perenne, soprattutto nel cambiamento d’epoca ormai diventato proverbiale ma inverato ogni giorno dalla realtà e dalla attualità.
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Mi sia concesso in questa sede di ricordare con affetto e rimpianto la figura di Gigi Perego, anzitutto come amico di lunga data, conosciuto quand’ero ragazzo da giovane sindacalista che si confrontava con mio padre a proposito delle prime vertenze alla Carburatori Dell’Orto, ritrovato negli entusiasmi giovanili condivisi del Movimento Terzo Mondo e successivamente nella fondazione dell’associazione Carla Crippa.
Sarei ipocrita se omettessi che nei suoi anni da sindaco abbiamo avuto divergenze profonde in ordine a talune scelte, in primis la realizzazione di un nuovo palazzo comunale. La stima reciproca e soprattutto l’amicizia fondata su idealità e visioni sempre condivise non sono mai venute meno. Gigi Perego è stato sicuramente uno dei grandi sindaci di Seregno, soprattutto tra quelli sin qui eletti direttamente dai cittadini.
Si è fatto avanti, nel 1995, in uno dei momenti più difficili della storia politico-amministrativa della città in quel momento commissariata (ed orfana anche della sua guida spirituale per l’improvvisa scomparsa di mons. Luigi Gandini) e l’ha rilanciata grazie ad una convergenza politica di forze uscite trasformate dal passaggio dalla prima alla seconda Repubblica nel crogiolo di Tangentopoli. Ha guidato quella coalizione erede del centrosinistra degli anni ‘70 e ‘80 con saggezza e lungimiranza conquistando e ridando fiducia ai cittadini nella istituzione comunale. A mio avviso il suo merito più grande.
A Dio Gigi.