Firmata e presentata la prima esortazione apostolica del pontefice
Dilexi te, “Ti ho amato”: si intitola così e ha per tema l’amore per i poveri la prima esortazione apostolica del pontificato di Leone XIV. Il papa l’ha firmata il 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi. Il documento è stato presentato ufficialmente il 9 ottobre.
Dunque, ecco il primo testo magisteriale con cui possiamo “prendere le misure” a Leone XIV e capirne gli intendimenti. La prima cosa che salta all’occhio è il titolo, che richiama la quarta e ultima enciclica di papa Francesco, la ‘Dilexit Nos’, sull’amore umano e divino del cuore di Gesù Cristo, di un anno fa (24 ottobre 2024).
Un chiaro segno di continuità, che Leone dichiara esplicitamente subito all’inizio del testo: «In continuità con l’Enciclica Dilexit Nos, papa Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’Esortazione apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri, intitolata Dilexi te, immaginando che Cristo si rivolga ad ognuno di loro dicendo: Hai poca forza, poco potere, ma “io ti ho amato” (Ap 3,9). Avendo ricevuto come in eredità questo progetto, sono felice di farlo mio – aggiungendo alcune riflessioni – e di proporlo ancora all’inizio del mio pontificato, condividendo il desiderio dell’amato Predecessore che tutti i cristiani possano percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri. Anch’io infatti ritengo necessario insistere su questo cammino di santificazione, perché nel “richiamo a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi”».
Insomma, pare di capire che con questa Esortazione Leone voglia calare ancor di più il tema della povertà nella Chiesa e tra i credenti, perché siano essi stessi -l’una e gli altri- protagonisti di vicinanza ai poveri: «Sono convinto che la scelta prioritaria per i poveri genera un rinnovamento straordinario sia nella Chiesa che nella società, quando siamo capaci di liberarci dall’autoreferenzialità e riusciamo ad ascoltare il loro grido».
Solo qualche cenno dei tanti temi trattati. La povertà è un fenomeno complesso: «Esistono molte forme di povertà: quella di chi non ha mezzi di sostentamento materiale, la povertà di chi è emarginato socialmente e non ha strumenti per dare voce alla propria dignità e alle proprie capacità, la povertà morale e spirituale, la povertà culturale, quella di chi si trova in una condizione di debolezza o fragilità personale o sociale, la povertà di chi non ha diritti, non ha spazio, non ha libertà».
«All’impegno concreto per i poveri occorre anche associare una trasformazione di mentalità che possa incidere a livello culturale (…). Ancora persiste – a volte ben mascherata – una cultura che scarta gli altri senza neanche accorgersene e tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame o sopravvivano in condizioni indegne dell’essere umano. Qualche anno fa, la foto di un bambino riverso senza vita su una spiaggia del Mediterraneo provocò grande sconcerto; purtroppo, a parte una qualche momentanea emozione, fatti simili stanno diventando sempre più irrilevanti come notizie marginali». Il documento si sofferma a lungo sul tema dei migranti.
Ciò che invoca il Papa è una «trasformazione di mentalità», affrancandosi anzitutto dalla «illusione di una felicità che deriva da una vita agiata». Cosa che spinge molte persone a una visione dell’esistenza imperniata su ricchezza e successo «a tutti i costi», anche a scapito degli altri e attraverso «sistemi politico-economico ingiusti». La dignità di ogni persona umana «dev’essere rispettata adesso, non domani».
Papa Leone XIV traccia una approfondita riflessione sulle cause stesse della povertà: «I poveri non ci sono per caso o per un cieco e amaro destino. Tanto meno la povertà, per la maggior parte di costoro, è una scelta. Eppure, c’è ancora qualcuno che osa affermarlo, mostrando cecità e crudeltà», sottolinea. «Ovviamente tra i poveri c’è pure chi non vuole lavorare», ma ci sono anche tanti uomini e donne che magari raccolgono cartoni dalla mattina alla sera giusto per «sopravvivere» e mai per «migliorare» la vita. Insomma, non si può dire «che la maggior parte dei poveri lo sono perché non hanno acquistato dei meriti, secondo quella falsa visione della meritocrazia dove sembra che abbiano meriti solo quelli che hanno avuto successo nella vita».
Il Papa sottolinea che l’esercizio della carità risulti talvolta «disprezzato o ridicolizzato, come se si trattasse della fissazione di alcuni e non del nucleo incandescente della missione ecclesiale». A lungo il Papa si sofferma sulla elemosina, raramente praticata e spesso disdegnata. L’esortazione non rinuncia a citare l’opera di tanti santi, beati, missionari che, nei secoli, hanno incarnato l’immagine di «una Chiesa povera per i poveri» e sottolinea l’importanza dell’educazione dei poveri: «Non è un favore, ma un dovere».
E in conclusione «il cristiano non può considerare i poveri solo come un problema sociale: essi sono una questione familiare. Sono dei nostri». Pertanto «il rapporto con loro non può essere ridotto a un’attività o a un ufficio della Chiesa».