Una comunità ferita ma chiamata a ripartire con verità, responsabilità e fiducia nei giovani.

Il clamore mediatico suscitato dalla notizia dei ‘presunti abusi sessuali’ (ancorchè precisata dalla Curia anche rispetto all’iter seguito) commessi da don Samuele Marelli in danno di ragazzi degli oratori cittadini si è forse attenuato con il passare dei giorni, pronto a rinfocolarsi con la caccia ai particolari più scabrosi e ai pettegolezzi gratuiti non appena emergeranno fatti o atti giudiziari nuovi (ecclesiastici e/o civili).

Non vengono però meno lo sconcerto e soprattutto l’amarezza, la delusione, la tristezza e il senso di tradimento, quando non la rabbia più che giustificata e comprensibile, quantomeno per l’“abuso di fiducia” commesso nell’ambito di un ruolo, di un compito, di una ‘vocazione’ educativa, da un sacerdote di riconosciuta esperienza a cui erano stati affidati, dalle loro famiglie, ragazzi in una fase delicata quanto decisiva del loro percorso di crescita e maturazione fisica, psicologica e spirituale. La scelta dell’oratorio è infatti da sempre fondata anche e per molti versi prima di tutto su una educazione alla fede cristiana, che ne costituisce il fondamento e la ragion d’essere.

Lo ‘strappo’ inferto in questo senso alla intera comunità cittadina, prima che cristiana, è e resterà profondo, al di là della piena veridicità e gravità dei fatti e/o comportamenti che la giustizia, ecclesiastica e civile, ha accertato e accerterà, ha valutato e valuterà, e sanzionerà.

Tutelare, anche con il riserbo all’apparenza eccessivo, proteggere, accompagnare e sostenere nei fatti i ragazzi coinvolti e le loro famiglie, come è già stato fatto e come si dovrà continuare a fare, è il compito che ora tocca a tutta la comunità cristiana a cominciare dalle sue componenti più responsabili e impegnate, siano esse ecclesiali e/o laiche.

Ci sono e ci saranno lezioni da trarre da questa vicenda, e scelte e decisioni e strade da intraprendere, ma la prima che personalmente sento, da anziano quale sono, di avere imparato e di dover tenere presente, è che dobbiamo ‘fidarci’ noi dei giovani prima o addirittura pretendere che siano loro a ‘fidarsi’ di noi.

Proprio perchè questo è il mensile della comunità pastorale, in forza di una storia centenaria che l’ha visto nascere come ‘voce’ della comunità cristiana cittadina, una vicenda come questa non poteva essere sottaciuta così come nemmeno enfatizzata. E’ quello che abbiamo cercato di fare, per quanto siamo capaci, in questo numero. Buona Pasqua.


Luigi Losa