Una messa “a misura di famiglia” nella parrocchiale del Ceredo

A chi, come è capitato allo scrivente, ha partecipato senza programmazione alla prima messa vigiliare del mese nella chiesa parrocchiale di San Giovanni Bosco al Ceredo, si è presentato uno scenario tanto inatteso quanto inconsueto: chiesa gremita e tanti bambini, molti dei quali seduti su tappetoni disposti tra la prima fila di panche e l’altare. Era la presenza di vari gruppi di spiritualità familiare che si muovono nell’ambito della chiesa cittadina.


Certo, quello della parrocchiale del Ceredo in quel pomeriggio era un contesto dove non si viveva esattamente un clima di raccoglimento profondo, ma dove ugualmente si recepiva gioia e allegria, per una celebrazione in cui anche il sacerdote celebrante, don Francesco Scanziani, e i canti erano molto a misura di bambino. Una assemblea che ha partecipato ai vari momenti della liturgia, addirittura con un “quasi silenzio” al momento della consacrazione.


Una esperienza inaspettata per lo scrivente, ma che ha lasciato indubbiamente sensazioni positive. Positive, innanzi tutto, perché si sono visti in chiesa tanti bambini accompagnati dai genitori, tutti nella fascia degli adulti giovani.

 

Bambini ed adulti giovani: due categorie che non è frequente trovare alle messe festive, dove prevalgono persone dalla mezza età in su. 


Ma, soprattutto, sensazioni positive per il tentativo di convocare le famiglie con bambini non in una funzione dedicata, ma in una messa d’orario, dove può partecipare la comunità locale ed anche il fedele che occasionalmente sceglie quella liturgia. Un senso di inclusione e continuità pastorale, che certamente qualcosa di positivo lascerà. 


Così come qualcosa di positivo lascerà nel cuore dei bambini questa presenza in chiesa, proposta come spazio vivibile anche a loro misura. Il loro cammino nella fede, per non dire il loro cammino nella vita, è ancora tutto da compiere. Cambieranno i loro cuori e le loro sensibilità, come cambierà inesorabilmente anche il mondo intorno a loro. Ma se quel momento sul tappetone con i loro genitori e con accanto altri bambini ha toccato il loro cuore, la chiesa sarà prima o poi sempre un approdo a cui tornare. 


Per la generazione dei cinquantenni (e per quelle precedenti), la chiesa è stata abbondantemente il luogo del dovere. Che non era un problema in senso assoluto, per una generazione che aveva un senso del dovere più alto di chi è venuto dopo. Non tutti i cammini personali sono riusciti a svoltare facendo diventare le chiese luoghi del cuore. E la maggioranza di quanti hanno svoltato, semplicemente si sono allontanati.

In un mondo cambiato, far diventare la chiesa un po’ luogo del cuore già per i bambini è un tentativo importante e coraggioso. Un tentativo su cui insistere, aprendo questi momenti a tutta la comunità e non limitandoli a gruppi perimetrati.


Sergio Lambrugo