Trafugata in pieno agosto sarà donata dalla fonderia che la rifonderà

In una calda mattina di fine agosto, in una Seregno semideserta e tranquilla, attraversata da una spensierata aria di vacanza, si è diffusa in un batter d’occhio una brutta e triste notizia: è sparita la croce dal pastorale della statua di Giovanni Paolo II in piazza Concordia. 

Si scatena l’indignazione, a partire dalla “piazza” dei social. Se ne scrive sui giornali, sia locali che nazionali. Nessuno però sa esattamente cosa sia accaduto. È stato un furto? Un grave atto di vandalismo? Uno sfregio a un simbolo della cristianità? 

In tanti forniscono pubblicamente la propria interpretazione e la propria opinione. Certo – si dice – che se ci fossero state almeno le telecamere! Il fatto però è che le videocamere di sorveglianza in piazza Concordia ci sono (in città sono più che triplicate negli ultimi sette anni), sono funzionanti e collegate con la centrale operativa della Polizia Locale.

Una volta giunta la segnalazione della scomparsa (con denuncia ai Carabinieri da parte di un rappresentante della parrocchia della Basilica), il 26 agosto, gli agenti controllano subito le registrazioni riavvolgendo i nastri. 

Trovano un ladro? Un vandalo incivile? No, non trovano nulla. O meglio scoprono che la croce mancava almeno dal 19 agosto. Non è possibile visionare le immagini precedenti in quanto vengono automaticamente eliminate dopo sette giorni dalla registrazione, così stabilisce la legge sulla privacy. Tutto era in vista, eppure nessuno se ne è accorto per parecchi giorni, dato anche il periodo.

L’accaduto fa riflettere, anche se naturalmente ognuno ne dà la lettura dal proprio punto di vista. Il quotidiano “Il Foglio”, che ha riportato la notizia, arriva addirittura a dire che si tratta di un segno che certifica “che in Occidente il cristianesimo è diventato un’inutile suppellettile, un accessorio di cui non ci si accorge né se c’è, né se non c’è”. 

C’è stato anche chi, come una cittadina seregnese, ha osservato che senza croce la statua di papa Wojtyla sembra sostenersi su un bastone da pellegrino, come a ricordarci che lo siamo tutti. 

C’è qualcuno, infine, che lo legge come un vile atto di sabotaggio perché la croce, oggi, dà fastidio – e qui ci si rituffa nell’infinito dibattito sulla presenza del crocifisso nei luoghi pubblici. 

E ai cristiani di questa città cosa dice questa vicenda? Forse dice una cosa più semplice delle mille supposizioni e ricostruzioni fatte. Intanto ci riporta al fatto in sé, e cioè al danneggiamento ad opera di ignoti di un’opera d’arte pubblica che racconta un pezzo di storia della nostra città. 

Come comunità cristiana possiamo essere infastiditi, persino arrabbiati, perché quella statua la sentiamo tutti un po’ nostra. 

Tuttavia, se la nostra fede è fondata su qualcosa di più solido di una permalosa apologetica dei nostri costumi, è utile ricordare che per noi la croce non è solo un simbolo identitario (di civiltà prima che di una religione) ma è lo strumento della nostra salvezza operata da Cristo. La croce dice chi siamo, è vero. Ma prima ancora il Crocifisso sta lì con le braccia spalancate a ricordarci la misericordia con cui siamo stati amati. E questo incredibile annuncio, la Pasqua, è un regalo che nessun ladro e nessun vandalo può rubarci, mai.

Comunque il pastorale bronzeo tornerà quanto prima al suo posto. Il prevosto mons. Bruno Molinari che pure non ha nascosto la sua amarezza ed il dispiacere per lo sfregio ad un segno dell’amicizia della città con san Giovanni Paolo II, il patrono della comunità pastorale, ha già commissionato ad una fonderia la realizzazione della nuova croce. Questo grazie al calco in gesso ancora esistente dello scultore Antonio De Nova, che ha realizzato la statua (così come quella del patriarca Paolo Angelo Ballerini sull’altro angolo della stessa piazza). 

In tanto clamore anche una notazione che dice tutto della fede e del senso religioso sul quale si è tanto ‘strologato’: la fonderia, senza tanti discorsi, ha subito detto che donerà la nuova croce.


Samuele Tagliabue