Psichiatra, fa parte della commissione diocesana per la tutela dei minori
Dopo un lungo periodo, non facile, di sgomento unito al silenzio che ha circondato di rispetto tutte le persone coinvolte nei mesi in cui si è svolta l’indagine previa (attivata dall’arcivescovo mons. Mario Delpini dopo le prime segnalazioni relative ai comportamenti diseducativi attribuiti a don Samuele Marelli) e poi il processo canonico secondo le regole del tribunale ecclesiastico, i giovani educatori della comunità cristiana di Seregno si sono incamminati in uno speciale percorso di condivisione, di rilettura, di sostegno reciproco, di sguardo sui passi futuri.
Incoraggiati dal parroco mons. Bruno Molinari e accompagnati in modo discreto e costante da don Paolo Sangalli e don Francesco Scanziani, dal mese di dicembre del 2024 ad oggi si sono affidati ad alcune figure adulte con competenze in ambito psicologico, giuridico e comunicativo e con loro hanno fatto alcuni passi.
I primi incontri hanno consentito di mettere in parole i vissuti, intensi e contrastanti, che alcuni covavano da tanto tempo e che il disvelamento dei fatti ha reso ancora più dolorosi.
Oltre ogni retorica, stupiscono la compostezza unita alla franchezza che i giovani hanno manifestato, senza mai negare i beni ricevuti e trasmessi negli anni.
Delusione, tristezza, paura, rabbia e dolore sono diventati materia che si può esprimere e, grazie alle sensibilità e alle intelligenze dei giovani, stanno diventando domande precise, che cercano risposte e che aprono strade di lavoro per non perdere i tesori conquistati, per non abbattersi, per non fermarsi.
Negli incontri successivi si sono affrontati gli aspetti giuridici della vicenda, che potrebbero direttamente coinvolgere la comunità giovane di Seregno e le loro famiglie nonché gli aspetti della comunicazione, vista la recente esplosione mediatica che ha fornito, come capita in questi casi, informazioni sensazionalistiche, spesso inesatte perché ricavate con la superficialità della raccolta e la fretta di pubblicare le notizie, ma anche dati di realtà che mortificano gli interessati perché consegnati ad una cornice generica di cui la gente non conosce i risvolti.
Nelle prossime tappe si continuerà a porre attenzione ai bisogni di consulenza, psicologica o giuridica, espressi dai singoli e si lavorerà insieme sulla capacità degli educatori di raccogliere le domande dei ragazzi e dei piccoli sui fatti accaduti, sempre in collaborazione con le famiglie, e sulla possibilità di progettare percorsi educativi nei quali l’educazione affettiva occupi un posto rilevante e si avvalga di parole vive, metodi coinvolgenti, testimonianze nuove.
Si torneranno ad approfondire gli aspetti relativi al processo canonico, cui molti ragazzi hanno partecipato come testimoni, quando vi saranno ulteriori sviluppi in proposito. Questo percorso attivato dalla Chiesa è stato infatti il primo contesto che ha permesso loro di parlare, di ordinare i fatti e di vederne il peso.
Qualche giovane ha espresso bene il desiderio di uscire dall’apnea del tormento che questa vicenda ha generato e che ancora chiede di sopportare per le procedure dell’indagine in corso, verso la possibilità di fare grandi respiri, di incamerare l’aria fresca che permette ai giovani di questo tempo di interrogarsi sulla fede e di vivere l’avventura della Chiesa con la gioia che si meritano.
I giovani sono consapevoli che per comprendere la complessità della vicenda occorrono tempi e luoghi giusti. Lo comprendono allo stesso modo i genitori dei giovani e le famiglie della comunità, che a loro volta sono coinvolte in un percorso di comunicazione personale e condivisione, e che necessitano di altrettanto spazio per le emozioni intense, gli interrogativi e le riflessioni sulle responsabilità che emergono.
Contestualmente la comunicazione dei saperi dei singoli più o meno direttamente coinvolti, ha preso la forma della condivisione all’interno degli organismi ufficiali della conduzione della comunità, la diaconia (formata da presbiteri e religiose) e il consiglio pastorale, con un intervento diretto del vicario di zona mons. Michele Elli.
Matura la determinazione a onorare davvero il valore della collegialità di valutazioni e decisioni dentro la comunità, che non consenta più a nessuno di determinare da solo un percorso pastorale, senza confronto, senza progettazione comune, senza verifica, senza correzione fraterna praticata nella quotidianità del lavorare insieme.
Oggi la priorità di chi conduce la comunità è quella di ascoltare, accompagnare e proteggere i giovani.
Si è consapevoli che la strategia per evitare degli abusi richiede dei dispositivi da mettere in atto concretamente, che sono già stati pensati e messi su carta dalla commissione diocesana per la tutela dei minori, che affianca il referente diocesano per le medesime problematiche (la piscologa Nicoletta Pirovano, ndr.), ma di cui occorre verificare che ci sia stata applicazione nei territori.
A Seregno tali attenzioni non saranno disattese e ci auguriamo che questa triste esperienza sproni le altre comunità della diocesi a prendere sul serio la prevenzione.