Nel ricordo di mons. Gandini a 30 anni dalla scomparsa
È sicuramente doveroso per chi scrive, ma ritengo anche per molti dei lettori, fare memoria, in questo numero del mensile che introduce alla pausa estiva, della scomparsa giusto trent’anni fa, il 10 luglio del 1995, all’età di 73 anni, di mons. Luigi Gandini, prevosto di Seregno, ove era giunto 31 anni prima e che poche settimane prima gli aveva tributato calorosi e affettuosi festeggiamenti per il 50° di sacerdozio.
Monsignor Gandini, che verrà ricordato con una messa solenne il prossimo 10 luglio, giorno anniversario della sua improvvisa scomparsa mentre si trovava da pochi giorni in vacanza nella sua amata Valmasimo, in quella Basilica San Giuseppe di cui era il parroco e che era diventata tale nel 1981 per suo desiderio e impulso, dopo averne concluso una lunga e radicale ristrutturazione e in virtù dell’amicizia via via consolidata con papa Giovanni Paolo II, ora santo.
Un’amicizia nata di fatto quale eredità del suo predecessore mons. Bernardo Citterio (prevosto dal 1957, scomparso nel 2002, ndr.) e giusto poco prima della sua nomina nel 1963 a rettore maggiore dei seminari milanesi aveva visto concludersi con l’arrivo a San Floriano di Cracovia il dono di tre campane chiesto dall’allora vescovo ausiliare della città polacca, mons. Karol Wojtyla. Un gemellaggio via via cresciuto sul piano spirituale e poi personale con le visite di Wojtyla a sua volta diventato arcivescovo e quindi cardinale incrociando così anche mons. Gandini e sviluppando un rapporto personale, di cui posso testimoniare in modo diretto, e sfociato nella storica visita di papa Giovanni Paolo II, proprio solo per ‘amicizia’ a Seregno il 21 maggio del 1983.
Coincidenza vuole che nei giorni scorsi l’attuale prevosto mons. Bruno Molinari, in città dal 2012 e nel frattempo diventato parroco, nel 2014, della comunità pastorale intitolata proprio a san Giovanni Paolo II, abbia annunciato la conclusione del suo incarico in quanto il prossimo 22 settembre compirà i canonici 75 anni che segnano il termine degli incarichi pastorali, non certo del suo sacerdozio che è e rimane scelta, e vocazione, di vita. Monsignor Molinari, più affettuosamente conosciuto come don Bruno come del resto preferisce essere appellato, resterà in ogni caso a Seregno, per decisione, meglio per invito e/o richiesta fraterna, dell’arcivescovo mons. Mario Delpini, come amministratore parrocchiale. Nella sostanza la responsabilità della comunità pastorale resterà a lui affidata, ma come ha voluto ricordare lui stesso, malgrado l’incarico non abbia un tempo prestabilito anche se durerà verosimilmente un anno, accompagnerà la Chiesa seregnese verso il suo nuovo pastore che il vescovo sceglierà e invierà.
Trent’anni fa la successione, avvenne in modo improvviso, imprevisto e per certi versi drammatico, con l’arrivo del compianto mons. Silvano Motta (scomparso il 30 agosto dello scorso anno, ndr.). Nel 2012 quando lo stesso Motta terminò il suo ministero di prevosto e parroco di una prima comunità pastorale seppur limitata a tre parrocchie, il passaggio di ‘testimone’ con mons. Bruno Molinari avvenne in modo, come si suol dire ‘ordinato’. La scelta ora operata per la successione a don Bruno va letta anche nel senso di consentire alla comunità di superare difficoltà, criticità e... sofferenze dell’ultimo periodo a motivo della vicenda di don Samuele Marelli. Il tempo che ci separa da quel momento diventa allora propizio per consentire alla comunità cittadina, non solo quella pastorale, di riflettere sul cammino compiuto in questi anni, anche, volendo, allungando lo sguardo sino al 1995, per cogliere i cambiamenti avvenuti, nel bene e nel male, in positivo e in negativo, sotto ogni profilo e in ogni ambito.
Ma soprattutto per guardare al presente e al futuro sorretti, proprio come sottolineato da don Bruno, dalla grazia del dono della speranza a cui papa Francesco ha voluto dedicare l’anno santo giubilare. E tocca soprattutto ai laici tutti, in quanto credenti e al contempo cittadini, affrontare questo passaggio con la consapevolezza, anzitutto, che ‘nessuno si salva da solo’ e che in quanto uomini e figli di Dio siamo, soprattutto, ‘Fratelli tutti’.