Una testimonianza di speranza e umanità tra i villaggi beduini del deserto.
Dal 13 al 16 maggio scorsi il vicario parrocchiale don Michele Somaschini è tornato in Terra Santa con una delegazione diocesana. A margine di questo viaggio ha voluto condividere una lettera inviatagli da suor Cecilia, religiosa comboniana che, insieme alla consorella suor Lulu, si occupa della pastorale presso le comunità di beduini che vivono nel deserto attorno a Gerusalemme.
Ecco la sua testimonianza.
“Siete contente? Una domanda superflua. Bastava guardare i loro volti illuminati, gli occhi pieni di sorpresa e gratitudine. Le donne e le ragazze beduine non nascondevano la gioia nello scoprire che le loro mani - con i ricami palestinesi, i saponi e le candele artigianali - potevano generare un sostegno tanto necessario in tempi così incerti.
Il gruppo in visita, formato in gran parte da sacerdoti di Milano, portava con sé molto più della curiosità: comunicava solidarietà, rispetto, vicinanza. Si sono presentati con semplicità, ma la loro presenza parlava di un cuore grande. Per queste donne è stato un gesto concreto, diretto, tangibile. Un riconoscimento della loro dignità. Del fatto che esistono.
Abbiamo scelto due villaggi vicini alla strada, facilmente accessibili. Eppure, l’autista non ha voluto rischiare. Commuoveva vedere quegli uomini camminare lungo sentieri polverosi, tra case di lamiera e legno, attraversando un piccolo wadi, fino alla scuola dell’infanzia dove bambini e donne li attendevano con emozione. All’ombra di un albero, ci siamo sentite ascoltate. Abbiamo condiviso ciò che, come Comboniane, abbiamo visto e udito. Un incontro vero, tra mondi diversi che, per un attimo, si sono toccati.
Sono caduti gli stereotipi. Di fronte a tredici uomini europei, le donne beduine si sono mostrate con naturalezza e determinazione. Hanno parlato dei loro sogni, di ciò che hanno già costruito. Non c’era una lingua comune, ma c’era un linguaggio umano. Lulu ed io facevamo da ponte. “Dite loro che siamo felici, che tornino, che vengano a mangiare al ristorante che presto sarà operativo: per ora ha solo i muri e un tetto di lamiera!”.
Sognano e portano avanti i sogni, anche in questi tempi di tanta incertezza, sotto gli occhi dei coloni che già si stanno insediando sulle colline vicine, accanto al loro villaggio.
Anche nel secondo villaggio siamo arrivate a piedi. Pellegrini di speranza. Ci aspettavano giovani beduine, curiose e sorridenti. Chiedevano nomi, mestieri. Si sono meravigliate nello scoprire che quegli uomini erano sacerdoti, responsabili di comunità, di gruppi, di parrocchie, di una radio, di un’agenzia di viaggi, di una diocesi… Il leader del gruppo, sposato, celebrerà presto cinquant’anni di matrimonio. “Organizzeremo noi la festa!”, hanno esclamato entusiaste. Abbiamo steso una coperta a terra: è iniziato il piccolo mercato solidale. Quella visita non è stata solo un bel momento: permetterà loro di nutrire le famiglie, sostenersi, continuare a ricamare e a sognare. Sorridevano. Ringraziavano. Sono felici? I loro volti, i loro occhi, i loro abbracci dicevano: sì, sì, sì. Spazi di gioia che resistono alla precarietà, all’insicurezza, al conflitto. Scintille di speranza sotto il sole del deserto di Cisgiordania."