Lascio volentieri la parola a Ermes Ronchi, frate dei Servi di Maria, che ci introduce in modo magistrale al mistero della Pasqua di Ges� e della nostra Pasqua.
Auguro a ciascuno di voi di vivere il mistero centrale della nostra fede con la gioia umile e vera di chi si sente sorretto in ogni cosa dalla potenza di vita del Risorto. Ringrazio tutti perch� con la propria presenza rendono pi� bella, ricca e preziosa la comunit� cristiana che vive nel nostro quartiere.
Buona Pasqua di cuore!�
DON FABIO
Vive ci� che � amato
Pasqua ci viene incontro con un intrecciarsi armonioso di segni cosmici: primavera, plenilunio, primo giorno della settimana, prima ora del giorno. Una cornice di inizi, di cominciamenti: inizia una settimana nuova, inizia il giorno, il sole � nuovo, la luce � nuova.
Il primo giorno, al mattino presto, esse si recarono al sepolcro. L�evangelista Luca si � dimenticato il soggetto, ma non occorre che ci dica chi sono, lo sanno tutti che sono loro, le donne, le stesse che il venerd� non sono arretrate di un millimetro dal piccolo perimetro attorno alla croce. Quelle cui si � fermato il cuore quando hanno udito fermarsi il battito del cuore di Dio.
Quelle che nel grande sabato, cerniera temporale tra il venerd� della fine e la prima domenica della storia, cucitura tra la morte e il parto della vita, hanno preparato oli aromatici per contrastare, come possono, la morte, per toccare e accarezzare ancora le piaghe del crocifisso. Vanno a portare al Signore la loro presenza e la loro cura. Presenza: l�altro nome dell�amore.
Davanti alla tomba vuota, davanti al corpo assente, � necessaria una nuova annunciazione, angeli vestiti di lampi: perch� cercate tra i morti Colui che � vivo? Non � qui. � risorto. Una cascata di bellezza. Il nome di tutto: �il Vivente�, non semplicemente uno fra gli altri viventi, ma Colui che � la pienezza dell�azione di vivere. E poi: �Non � qui!�. Lui c��, ma non qui; � vivo e non pu� stare fra le cose morte; � dovunque, ma non qui. Il Vangelo � infinito proprio perch� non termina con una conclusione, ma con una ripartenza.
Pasqua vuol dire passaggio: abbiamo un Dio che passa le frontiere, un Dio migratore. Non � festa per residenti o per stanziali, ma per migratori, per chi inventa sentieri che fanno ripartire e scollinare oltre il nostro �io�.
Ed esse si ricordarono delle sue parole. Le donne credono, perch� ricordano. Credono senza vedere; per la parola di Ges�, non per quella degli angeli; ricordano le sue parole perch� le amano.
In noi resta vivo solo ci� che ci sta a cuore: vive ci� che � amato, vive a lungo ci� che � molto amato, vive per sempre ci� che vale pi� della vita stessa. Anche per me, credere comincia con l�amore della Parola, di un Uomo.
�Quello che occorre � un uomo, un passo sicuro e tanto salda la mano che porge, che tutti possano afferrarla� (C. Bettocchi). Quello che occorre � l�umanit� di Dio, che non se ne sta lontano, ma entra nel nostro panico, nel nostro vuoto, visita il sepolcro, ci prende per mano e ci trascina fuori. E fuori � primavera. Ecco il cuore della Pasqua: il bene � pi� profondo del male. � Ermes Ronchi
Sapore di vita
Venne, a porte chiuse. Il Vangelo oggi parla di un Ges� ferito che ancora una volta non si nasconde, ma viene. Entra in noi, piagato e povero, e ci incoraggia: il foro dei chiodi, toccalo! Il costato, puoi entrarci con la mano!
Dopo l�infinito, dopo aver attraversato la sua immensa Pasqua, ha bisogno del niente che � il contatto umano. L�abbandonato torna e si mette di nuovo nelle mani di chi lo ha tradito. � l�assurdit�, la follia dell�amore.
Hanno tradito e sono scappati: che cosa di meno affidabile di quel gruppetto allo sbando? C�� paura dei Giudei in quella casa, ma anche paura di se stessi, tristezza stagnante per come lo avevano abbandonato, tradito, rinnegato cos� in fretta. Una comunit� che non sta bene, porte e finestre sbarrate. Manca l�aria.
Ges� viene proprio qui, con le piaghe che non ci saremmo pi� aspettati, convinti che la resurrezione le avrebbe rimarginate. E invece, la Pasqua non � il semplice superamento della Passione, ne � il frutto maturo, la conseguenza. Ed ecco che in quella casa succeder� qualcosa che rovescer� gli apostoli come un guanto: il vento dello Spirito soffier� nella prima comunit� cristiana, in questo stringersi l�uno all�altro, nella memoria di Lui, quando lo Spirito riporter� al cuore tutte le sue parole.
Quella casa � la madre di tutte le chiese. E Ges� non pu� che venire qui, in questo luogo disastrato. Non al di sopra, non ai margini, ma �in mezzo a loro�. Sussurrando: �Pace a voi!�. Non � una promessa, ma un sigillo: la pace � gi� scesa dentro di voi, e viene da Dio. Pace � una carezza sulle vostre paure, sui vostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulla tristezza che scolora i giorni.
Le piaghe restano, per sempre. Sono la gloria dell�amore folle di Cristo, per quelle piaghe Dio l�ha risuscitato. Per tre volte il Vangelo oggi parla di pace. Che scende su noi peccatori sconfitti e sulle nostre delusioni. Ed � a questa esperienza di pace che Tommaso si arrende, non al toccare. Neppure � stato detto se abbia poi davvero toccato il corpo del Risorto, perch� non � importante. � alla pace che lui si arrende, passando dall�incredulit� all�estasi. La pace � il rischio di essere felici, di esserlo insieme.
Grande educatore, Ges�. Educa alla libert� dai segni esteriori, alla seriet� delle scelte, come fa con Tommaso.�
Che bello se anche nella Chiesa di oggi lavorassimo pi� sull�approfondimento e la ricerca, che sull�obbedienza.
�Queste cose sono state scritte perch� crediate in Ges� e perch�, credendo, abbiate la vita� (cfr Gv 20, 30-31)
Credere � l�opportunit� di essere pi� felici e pi� vivi: �Ecco io carezzo la vita, perch� profuma di Te� (Rumi).
Cos� termina il Vangelo, cos� inizia il nostro discepolato. Con un sapore di vita, con il profumo della gioia, col rischio della felicit�, che attraversano come uno scandalo di luce tutto il dolore del mondo, e i deserti sanguinosi della storia.
O Dio,
donaci la luce
oggi che la felicit�
ha i piedi di argilla,
oggi che la bellezza�
non � sufficiente,
oggi che l�agitazione�
ci scusa e ci umilia,
oggi che la speranza�
ingabbia il cammino.
Donaci la luce,
per tutti noi�
che stiamo lottando,
tenendo un verde stelo
tra i denti.
Donaci la luce,
che ci dica che la notte � passata,
che il pianto � rugiada,
che le piaghe risanano.
Donaci la luce,
a dirci che la gioia�
non � un sogno,
che la storia ha uno sbocco.
Donaci la luce,
per riscaldare quelli che,
lontano da noi,
sentono freddo.
Donaci la luce,
che raccolga il mormorio�
delle nostre preghiere;
luce, che ci parli�
di questa primavera
e delle primavere future.
Luigi Verdi