Riflessione di don Fabio nella III domenica di Pasqua

Non sempre le immagini del futuro sono rassicuranti, tanto più ai nostri giorni... Da qui nascono le nostre paure. Gesù conosce le paure che ci abitano. Quella sera, durante l’ultima sua cena, ai suoi discepoli dal volto rattristato disse: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” ... Poco prima aveva detto: “Me ne vado”. E a Pietro che chiedeva conto, come se ritenesse insopportabile il distacco, Gesù aveva detto: “Dove io vado, tu per ora non puoi seguirmi, mi seguirai più tardi”. Non so se sbaglio, ma uno tra i motivi più forti delle nostre paure è il timore del distacco. Succede con le persone che amiamo. Succede anche quando una persona, che tu ami, non sai più dove è andata.

E Gesù sembra rompere la paura: “Vado a prepararvi un posto”. Come a dire: “C’è un oltre!”.

Il futuro, è vero, si presenta come un’incognita. Ma nel futuro c’è un luogo dove dimorare. È proprio questo che può rassicurare il cuore.

Ma a rasserenare il nostro povero cuore c’è un’altra promessa di Gesù. Lui non è di quelli che dicono: “Vado avanti, voi mi verrete dietro”, ma dice: “Verrò di nuovo e vi prenderò con me”, che certo può essere inteso come un esserci oggi per noi: esserci come via, come verità, come vita... 

Potremmo forse dire che con la sua risurrezione Per dirla con l’immagine di una cordata, Gesù ha attraversato il passaggio più duro, ma ora in vetta tiene in sicurezza quelli che ancora stanno salendo. Lui nella sua scalata ha aperto la via vera, ha lasciato segni in parete perché non ci smarriamo perché Lui è la via che porta alla pienezza della vita. Vivi, dunque, seguendo le sue tracce.

In questa luce, rileggiamo anche la prima lettura di questa domenica, dagli Atti degli apostoli.

Paolo e Sila, bastonati, vengono gettati in carcere, la parte più interna del carcere, i piedi assicurati ai ceppi: sembra la morte della speranza. Ebbene avviene un terremoto, come alla morte del Signore. E la prigione tomba, dove Paolo e Sila in preghiera stavano cantando inni a Dio, diventa possibilità di uscita, dalla morte alla risurrezione. 

Ma in quel carcere succede l’inimmaginabile. Perché? Paolo e Sila potrebbero immediatamente, approfittarne ed evadere. E invece gli occhi di Paolo e di Sila sono fermi alle tracce di Gesù, alle sue orme, alla via che Lui ha tracciato: Egli non ha infierito, nemmeno con i suoi crocifissori. Ed ecco la cosa stupefacente: Paolo e Sila si fermano a rincuorare il carceriere: non si lasci prendere dallo sgomento e dalla paura. Non fuggono per non metterlo in difficoltà, hanno cura di lui, non vogliono che si faccia del male, si prendono cura. 

È la rivoluzione del comune modo di reagire, la rivoluzione che ha aperto Gesù con il suo modo di agire: non infierire sulla vita, prenditi cura. 

Il carceriere alle loro parole si converte alla fede in Gesù. E anche lui si avvia per la strada aperta da Gesù, quella del prendersi cura. Segui anche tu le sue tracce e inizia a prenderti cura!