La storia ha conservato ben poco della vita di S. Valeria, che risale ai primi tempi del cristianesimo.

A Roma l’apostolo Pietro reggeva la chiesa e a Milano la comunità cristiana, guidata dal greco San Anatalone, era ancora agli inizi.

Nell’anno ’61 Anatalone lascia la guida della comunità al suo condiscepolo ed amico Caio, romano di nascita che con la santità della sua vita contribuì a propagare il cristianesimo e a difenderlo coraggiosamente. Infatti, essere cristiano allora, voleva dire essere un eroe, un martire.

Non per questo, però, mancavano coraggiose testimonianze dei cristiani che, con il loro esempio, riuscivano a convertire molti idolatri che rinunciavano alle loro false divinità.

Il Santo Vescovo Caio, con la sua guida illuminata dalla luce del Vangelo, non solo riuscì ad attrarre a sé molte persone di umile condizione ma anche membri di famiglie illustri che godevano di una certa fama locale.

Tra questi ultimi vi furono i Santi coniugi Vitale e Valeria.

Santa Valeria era della nobile famiglia dei Valerii che possedevano, per il loro illustre passato, il titolo onorifico di “Gens Valeria”.

Legata da stretti vincoli di sangue con le più nobili famiglie milanesi e romane, poteva vantare, tra i suoi antenati, importanti personaggi dell’esercito e della magistratura.

Valeria aveva sposato il giovane Vitale, anche lui di nobile casato, romano di origine, impegnato sia nel campo civile che in quello militare.

Come Valeria, anche Vitale si distingueva per nobiltà d’animo e integrità di vita.

Nonostante il Vescovo Caio ebbe non poche difficoltà per convertire alla fede cristiana Valeria e la sua famiglia, ella, grazie alle sue doti e al suo vivissimo spirito religioso, divenne un’apostola convinta.

Con la sua opera assidua e prudente, ella interpretò in modo così perfetto i contenuti della sua nuova fede, da diventarne una martire.

Fu una madre devotissima a Dio che seppe educare i suoi figli Gervaso e Protaso secondo gli insegnamenti evangelici.



Fu un esempio di sposa e madre cristiana che, nel silenzio della casa e nell’adempimento delle occupazioni domestiche, svolgeva un fecondo apostolato di bene sull’animo del consorte e dei bimbi a lei affidati dalla Divina Provvidenza.

Valeria sentiva profondamente l’alta e nobilissima missione che Gesù Cristo le aveva affidato chiamandola alla fede cristiana. Capiva che la donna riceve da Dio stesso l’incarico di cooperare all’opera salvatrice e redentrice di Cristo, portando a lui e alla chiesa le anime di coloro che in qualche modo sono legati s lei.

Avvenne che Vitale dovette seguire la sua legione, comandata dal Console Caio Svetonio Paolino, a Ravenna.

Essendo costui avverso al cristianesimo, non esitò a condannare a morte un medico di nome Ursicino che professava la nuova religione.

Questo molto intimorito dalle sofferenze che lo attendevano, stava per cedere rinunciando alla sua fede ma lo sostenne con parole di consolazione ricordandogli che, resistendo ai persecutori, avrebbe avuto in premio la vita eterna. Così Ursicino subì con coraggio il martirio.

Appena il crudele console Caio Svetonio Paolino venne a conoscenza dell’accaduto, fece chiamare Vitale al suo tribunale e lo sottopose a torture molto atroci. Ma non riuscì a farne un apostata e, perciò, lo fece seppellire vivo in una fossa.

Valerio, saputo del martirio del marito, corse a Ravenna per avere le spoglie di Vitale. Ma mentre era di ritorno a Milano si imbatté in un gruppo di idolatri che stavano offrendo sacrifici al Dio Silvano.

Questi tentarono in tutti i modi di costringere Valeria a partecipare al loro sacrificio e al banchetto delle carni immolate. Valeria rispose coraggiosamente che era cristiana e che quindi non avrebbe partecipato al sacrificio in onore di quel falso Dio.

Gli idolatri, non riuscendo a convincerla, la percossero con tale violenza da costringere Valeria a convincerla. La percossero con tale violenza da costringere Valeria ad arrivare a Milano in stato di agonia, aiutata da alcuni servi.

Sopravvisse per soli tre giorni durante i quali si consumò nella preghiera e nella contemplazione.

Questo atto estremo di fedeltà a Cristo e di offerta della sua vita, la consacrò martire.