Li ricorderà domenica 25 maggio alle 10,15 in Basilica San Giuseppe
Domenica 25 maggio, in tutte le parrocchie della comunità pastorale San Giovanni Paolo II si celebrano gli anniversari di matrimonio.
In Basilica San Giuseppe la celebrazione sarà alle 10,15 e sarà presieduta dal concittadino don Daniele Grassi che ricorda il quarantesimo di sacerdozio. Al termine della messa rinfresco nel cortile della casa prepositurale.
Nato a Seregno il 3 gennaio 1955, don Daniele, dopo la scuola dell’obbligo ha conseguito la maturità classica al liceo Zucchi di Monza e in seguito si è laureato in lettere classiche. Il 24 settembre 1979 è entrato in seminario a Saronno per frequentare i primi due anni di teologia. Poi nel 1981 è passato alla sede principale di Venegono Inferiore dove ha completato gli studi facendo anche un anno di tirocinio pastorale a Figino Serenza. E’ stato ordinato dapprima diacono, nel dicembre 1984, poi sacerdote l’8 giugno 1985.
Come è nata la sua vocazione?
“Sono entrato in seminario perché, mentre concludevo l’università, mi accorgevo che non mi attirava molto l’idea di diventare insegnante, ma ero molto più preso dall’impegno all’oratorio san Rocco e nell’Azione Cattolica Ragazzi. Così ne parlai con i sacerdoti a cui facevo riferimento e mi incoraggiarono a coltivare quest’idea, prendendo contatto con i superiori del seminario, in particolare con don Renato Corti (poi diventato vicario generale del cardinal Carlo Maria Martini e in seguito vescovo di Novara)”.
Quali sono state le tappe del suo cammino pastorale?
“Nel 1985, prete novello, fui destinato come insegnante al seminario minore di Merate (Lecco), frequentato dai ragazzi delle medie, mente il sabato e la domenica aiutavo la parrocchia di San Zeno a Olgiate Molgora. E’ stata un’esperienza molto breve, perché nel 1988, il seminario è stato chiuso per la scarsità dei ragazzi. Mi sono dunque spostato di pochi chilometri e sono approdato nel settembre 1988 all’oratorio di Brivio, dove era parroco un seregnese, don Carlo Mariani originario di Santa Valeria; sono stati anni intensi, con diverse esperienze, ma mi accorgevo che forse non avevo più lo slancio adatto per stare con i ragazzi e i giovani, così concordai con i superiori che era meglio cambiare incarico.
Nel novembre 1997 giunsi così all’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano: la mia prima esperienza come cappellano ospedaliero. E’ stato molto arricchente vivere in un luogo di cura in mezzo alla città, avendo come parroco l’arcivescovo di Milano e incontrando competenza e passione nel personale sanitario. Sono stato lì fino al settembre 2007, completando così 10 anni di permanenza.
Nell’ottobre 2007 poi sono stato mandato a Casorate Primo, un paese in mezzo alle campagne tra Milano e Pavia, abitavo all’oratorio, dove ben presto sono stato raggiunto da un diacono che nel 2009 divenne sacerdote, quindi potevo dedicarmi anche al piccolo ospedale locale. L’esperienza di Casorate è durata soltanto cinque anni; si preparava un nuovo cambiamento.
Il 1° settembre 2012 (la data è precisa perché in quei giorni era morto il cardinal Martini) sono approdato a san Donato Milanese, dove mi è stata assegnata l’abitazione in oratorio, ma anche l’incarico di cappellano del Policlinico san Donato, una grande struttura specializzata soprattutto nella cura del cuore. Ho vissuto e sto ancora vivendo, perchè questi sono ancora gli incarichi, l’equilibrio non sempre facile tra vita oratoriana e visita ai malati in ospedale”.
Come ha vissuto l’esperienza accanto ai malati?
“E’ sempre un’esperienza molto ricca: si incontrano le persone in un momento delicato della loro vita, quando sono anche disponibili ad aprire il cuore, qui a san Donato è meno facile, perché ci sono tanti malati e poco tempo per visitarli, però si cerca di far tesoro dei pochi momenti in cui si riesce a stare insieme. Così è bello essere salutati e riconosciuti da persone che sono state ricoverate molto tempo prima.”
Quarant’anni di sacerdozio: quali ricordi porta nel suo cuore?
“I momenti significativi di questi quarant’anni sono stati soprattutto l’ordinazione, sia diaconale, sia presbiterale, le occasioni di incontro festoso con la gente, nelle feste, negli anniversari e in altre circostanze, poi i colloqui con persone che per un po’ erano sembrate estranee, poi si sono rivelate sensibili e desiderose di buone parole”.
Cosa direbbe a un giovane in cerca di dare un senso alla propria vita’?
“A un giovane che cerca di dare un senso alla propria vita ricorderei la frase di Gesù. “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” e l’altra dell’ormai quasi santo Carlo Acutis. ‘Tutti nasciamo originali, non dobbiamo diventare fotocopie’”.