Il giovane seregnese diventerà prete sabato 7 giugno in Duomo
La presenza di una vocazione sacerdotale all’interno di una comunità cristiana è sempre un dono e una ricchezza, la scelta di un giovane che decide di consacrare la propria vita a Cristo e ai fratelli interpella e provoca per la sua radicalità, in un tempo che sembra dimenticare il “per sempre” e non orientare a una progettualità vita.
L’ordinazione sacerdotale e la celebrazione della prima messa di don Luca Manes, 33 anni, è quindi motivo di gioia per tutta la comunità cristiana, in particolare quella della Basilica San Giuseppe e dell’oratorio San Rocco, parrocchia di riferimento di don Luca e oratorio nel quale ha vissuto i percorsi di catechesi e le prime esperienze di sport.
Lo comunità intera lo accompagnerà con la preghiera all’appuntamento del 7 giugno in Duomo a Milano, quando per mano dell’arcivescovo mons. Mario Delpini diventerà sacerdote mentre il giorno successivo, domenica 8, lo accoglierà per la sua prima messa in Basilica alle 10,15.
Lo abbiamo raggiunto per una sua testimonianza subito dopo la bella giornata di martedì 13 maggio quando, nell’ambito della Festa dei Fiori al seminario di Venegono Inferiore, l’arcivescovo Mario ha presentato gli 11 diaconi, futuri sacerdoti, esortandoli a essere testimoni di speranza.
Come è nata la tua vocazione sacerdotale? Quali fatti, incontri, persone hanno segnato la tua scelta?
«Dopo aver compiuto gli studi classici al liceo “Don Carlo Gnocchi” di Carate Brianza, mi sono iscritto alla facoltà di lettere moderne presso l’Università Statale di Milano, dove mi sono laureato nel 2018, anno in cui, all’età di 26 anni, ho fatto poi ingresso in seminario.
Già dalle scuole medie ho scoperto in me un interesse particolare per la letteratura, per come, nell’incontro con gli autori e i loro testi, ritrovavo me stesso, le mie domande e i miei desideri, in modo vero e affascinante. Ho così proseguito questi studi, anche nel mio percorso universitario, arrivando a pubblicare un libro di poesie dal titolo ‘Come una pietra dentro la visione’.
In tutti questi anni, prima all’oratorio San Rocco, poi nel cammino in università, ho incontrato tanti testimoni di fede, persone che, per come vivevano, hanno acceso in me il desiderio di seguire Cristo.
‘Egli è qui come il primo giorno’, frase di Charles Peguy che ho scelto come motto personale in vista dell’ordinazione, dice proprio la scoperta, piena di stupore, per la presenza viva, reale, in mezzo a noi, di Gesù Cristo. Una presenza che, intravista e riconosciuta in altri, è diventata per me, passo dopo passo, sempre più vitale. La vocazione è sorta in me, allora, come desiderio di lasciare a lui, l’unico che la può realizzare, l’iniziativa sulla mia vita.
Riguardando alla mia storia, in queste settimane che mi separano dall’ordinazione presbiterale, vivo una gratitudine immensa per quello che mi è accaduto, per come Cristo mi si è fatto presente, attirandomi a sé attraverso tanti volti e testimoni, riempiendo la mia vita in un modo davvero inimmaginabile».
Quanto le tue esperienze di questi ultimi anni negli oratori e nelle parrocchie ti hanno aiutato nella tua preparazione al sacerdozio?
«In questi anni di seminario ho avuto la grazia di incontrare diverse comunità: da Solaro a Cernusco sul Naviglio, dall’ospedale Niguarda a Lecco.
In ognuna di queste esperienze ho ricevuto tanto, in termini di affetto, amicizia e testimonianza di fede. Tutto questo mi ha arricchito e ha sostenuto il mio cammino. La fede, infatti, non è un’avventura individualista, ma è un cammino condiviso con chi guarda alla stessa meta, che è Gesù Cristo.»
Dal 7 giugno sarai prete: che prete sarai? Indica tre caratteristiche che ritieni significative in un sacerdote oggi.
«La prima caratteristica di un prete è la coscienza di essere mandato da Cristo per un compito: che egli sia conosciuto. Dunque, domando innanzitutto la grazia di un cuore innamorato di Cristo e, insieme, desideroso che tutti possano partecipare della gioia della comunione con lui.
Le altre due caratteristiche vengono di conseguenza: da una parte la preghiera, la domanda continua di essere una cosa con Cristo, e, dall’altra, la comunicazione instancabile, dentro ciò che mi verrà chiesto, della sua presenza».
Successivamente riceverai dall’arcivescovo la tua destinazione. Con che spirito affronterai la tua missione?
«Domando a Dio di avere sempre presente che è Lui a portarmi e a condurmi. Da qui vengono la pace e la serenità che permettono di rispondere, con curiosità e con letizia, alle sfide che mi si presenteranno e agli incontri e alle persone che Dio metterà sul mio cammino.»
La Chiesa ora ha una nuova guida. Che emozioni ha suscitato in te l’elezione di papa Leone XIV? Cosa serve alla Chiesa di oggi per raggiungere le persone ed essere Chiesa in uscita?
«Mi ha impressionato e commosso vedere, fin dalle prime parole, un Papa, fino a quel momento a me conosciuto solo per nome, che ha suscitato in me, per la sua testimonianza, il desiderio di camminare con lui. In particolare, questo passaggio del suo primo discorso mi sembra delineare l’urgenza antica e sempre nuova che deve animare la Chiesa: “Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come del ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore”. Che la nostra vita testimoni la Sua opera in noi!»