La sofferenza e la vicinanza del prevosto a giovani e famiglie
Stiamo vivendo una vicenda che si colloca dentro una storia lunga e significativa di 160 anni (tanti sono quelli della presenza ufficiale degli oratori in città, ricordata proprio lo scorso anno dal San Rocco, ndr.), dove sicuramente chissà quante mancanze, fatiche e cadute ci sono state e anche quella odierna non può cancellare la bonta di una esperienza educativa positiva nei confronti di ragazzi e giovani”.
Don Bruno Molinari, prevosto in città da 13 anni, da 10 parroco della comunità pastorale cittadina, non nasconde amarezza e sofferenza rispetto alla vicenda che ha coinvolto don Samuele Marelli ma non vuole venire meno ad una valutazione più generale.
“Qualcosa di obiettivamente sbagliato c’è stato e va chiarito, perchè solo facendo chiarezza si può ripartire con il passo giusto - chiarisce però subito dopo -. La comunità è stata ferita, fa domande, riempie vuoti con ricostruzioni anche fantasiose che ingenerano ulteriore sfiducia. Dobbiamo affrontare il male, dargli un nome, non bisogna negare, di sicuro c’è stato un ‘abuso di fiducia’ e questa fiducia è stata tradita da comportamenti fuorvianti, che hanno portato fuori dalla strada di una saggia educazione. Ora siamo in attesa di cosà dirà la giustizia ecclesiastica e successivamente civile. Dobbiamo fidarci della giustizia facendoci illuminare dalla grazia”.
Il prevosto non si ritrae nemmeno davanti al tema della cortina di silenzio che ha accompagnato per mesi l’intera vicenda.
“In questi mesi il silenzio è stato scelto per rispettare la proceduta messa in atto per verificare quanto emerso dalle prime segnalazioni ma soprattutto per tutelare, proteggere e sostenere le persone coinvolte, accompagnando i giovani a testimoniare sui fatti. E questa è ancora la preoccupazione e l’attenzione più grande che stiamo mettendo in campo anche con l’aiuto di esperti e professionisti. Cosa che continueremo a fare per tutto il tempo che sarà necessario”.
Non sono stati mesi, settimane e giorni, quelli più recenti, facili per don Molinari, che non ne fa mistero.
“Sicuramente lo sconcerto e lo smarrimento sono stati grandi, così come il timore che venisse dilapidata una fiducia costruita nei secoli nei confronti della parrocchia, della Chiesa; ci sono stati momenti di dolore e timore che tutto andasse allo sfascio.
Sono prete da quasi cinquant’anni e ho visto nei diversi passaggi tante situazioni in cui tutto sembrava perduto, tutto trema, crolla, svanisce. Il punto di ripartenza magari è nascosto nel segreto del cuore dell’uomo, nella forza di una società. Per questo sostengo che occore trarre frutto da ogni esperienza”.
L’analisi dell’accaduto non può esulare dalla ricerca delle cause di quanto è successo.
“Non posso non riscontrare - premette don Bruno - la contraddizione tra una società confusa e permissiva che però si scandalizza e pretende di dare giudizi quando si presentano situazioni che sono il frutto avvelenato della cultura che la caratterizza. Poi nello specifico credo che ci sia per i preti un problema di solitudine, di pressioni esagerate, di mettere sulle spalle di una sola persona compiti, ruoli e situazioni eccessive, come può essere successo nel nostro caso. Anche rispetto al ‘vigilare’ qualche domanda sicuramente ce la dobbiamo fare, come del resto già invitava il cardinal Martini, che su questo tema così come sull’educare e sul comunicare aveva insistito non poco”.
In quadro a tinte così fosche però mons. Molinari vede anche non pochi spiragli di luce.
“Seppur dentro la tempesta in cui si sono trovati in questi mesi, educatori, giovani, adulti, famiglie, ed ora anche don Paolo, sono stati esemplari nel tener vivo il valore degli oratori, non sono spariti, hanno continuato ad alimentare e sostenere attività e iniziative anche sul piano formativo”.
Un altro aspetto che a don Bruno preme evidenziare è la reazione alla tempesta mediatica scatenatasi attorno al caso.
“L’abbiamo affrontata con consapevolezza, obiettività, serenità. Ma soprattutto, quando poi ho proposto di ritrovarci la sera della domenica a pregare in oratorio, mi è sembrata una cosa buona, valida, uno spianare la strada alla grazia di Dio, per avere luce, discernmento sui passi in avanti da fare. E la diaconia, il consiglio pastorale hanno già iniziato, riflettendo, confrontandosi anche con esperti. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo a tutti i livelli in modo quasi incredibile, e anche in forza di quel che è accaduto, è evidente che anche le modalità della proposta educativa devono cambiare, pur con gli stessi valori di fondo, ma dando sempre più spazio al laicato, alla corresponsabilità. E’ un discorso che facciamo da anni ma che oggi è diventato ineludibile. La situazione è occasione, si suole ripetere, e dobbiamo attraversarla seguendo il filo della speranza, lo Spirito Santo c’è e continua a guidarci: c’è tanto bene, c’è tanto buon grano che cresce malgrado la zizzania, la grazia trova sempre la strada per farsi largo anche quando le strade appaiono storte”.
L’ultimo accenno è ad una gratitudine.
“In questo periodo ho avuto tante parole e messaggi di ogni tipo, di conforto e sostegno, da persone e gruppi, non tanto come persona ma come responsabile di una comunità ferita. Questo mi fa davvero sperare che, restando uniti e vicini nella preghiera, ne usciremo”.