Il seminarista don Ludovico Pileci dopo due anni ha concluso il suo servizio in città

Lo scorso martedì 21 maggio  il diacono don Ludovico Pileci ha concluso il suo servizio presso la comunità pastorale cittadina per intensificare la propria preparazione spirituale ed essere consacrato sacerdote l’8 giugno insieme ad altri 15 diaconi.

Non è facile parlare di vocazione oggi... Come nasce una vocazione, come si è manifestata?

“Sono sempre stato presente in oratorio, come bambino e catechizzato prima, come animatore ed educatore poi. Anche il contesto liturgico mi ha aiutato, fare il chierichetto ha influito molto sul mio modo di essere. L’estate della terza superiore è stato un punto di svolta: durante la vacanza ho incontrato un seminarista che mi ha aperto lo sguardo sulla vita, sulla felicità e, vedendolo così contento, mi è sembrato bello poter fare lo stesso nella mia vita. Il suo modo di essere e di vivere, l’appuntamento costante della preghiera mi hanno affascinato. Io ero orientato a studi umanistici, ma ho deciso di provare. Ho parlato col mio parroco e lui mi ha indirizzato sui primi passi di un percorso di discernimento vocazionale durato due anni. Nel settembre del 2018 ho iniziato i sei anni di studi di teologia. Nel settembre scorso sono diventato diacono”.

E ora che si avvicina l’ordinazione sacerdotale quali sono i sentimenti, le  aspettative…

“Arrivo all’ordinazione sicuramente contento per le esperienze che ho fatto e che mi porto come bagaglio; sono fiducioso e vivo questo tempo con fede. Qualcosa che ho cercato, desiderato, atteso si sta concretizzando e sono volenteroso di seguire la Chiesa. Certo l’incertezza della destinazione futura, nella quale starò cinque/sei anni, genera un po’ di trepidazione, di scalpitio…”. 

Tra i bagagli ci sarà anche l’esperienza al San Rocco, più in generale a Seregno. Quali i bilanci?

“Sono stato ben accolto, benvoluto. Ho trovato collaborazione in oratorio e quest’anno ho condiviso la quotidianità nella parrocchia della Basilica. Generalmente tutta l’esperienza è stata positiva, anche l’ultimo inaspettato periodo, durante il quale ho visto una comunità che reagisce e si mette in gioco, che non è indifferente, sia gli adulti che i giovani. Abbiamo percorso insieme un tratto di strada più difficile, ma non in modo solitario. Nella tristezza della situazione il bene c’è. Mi porto dunque a casa relazioni belle, arricchenti, sincere; anche  la comprensione e gestione di cose più pratiche. Desidero approfittare di questa occasione per ringraziare monsignore e questa comunità cristiana che mi hanno accolto e accompagnato fino all’ordinazione sacerdotale”.

L’oratorio è un buon osservatorio del mondo giovanile. Come vede i ragazzi di oggi?

“Non ho una visione negativa dei giovani. Sono in cammino e alla ricerca di qualcosa di bello, magari non cercano sempre le cose più giuste, a noi il compito di indicare qualcosa per cui valga la pena di cercare e volgersi al bene. Noi proponiamo il Signore e la vita cristiana: ho visto giovani in cammino mettendo i loro talenti a disposizione della comunità. Ed è edificante questo. Non mettiamo l’etichetta ai giovani dicendo che non hanno valori, chiedono ascolto di ciò che hanno nel cuore”.

E la Chiesa cosa può fare per coinvolgere i giovani?

“Non c’è una soluzione uguale per tutti, a volte si va per tentativi. Bisogna vedere la realtà,  il contesto in cui vivono e intercettare ciò che le giovani generazioni hanno dentro. Se non intercetti, non li avvicini e rischi anzi di proporre qualcosa che non è per loro. È importante proporre il messaggio cristiano attraverso ciò che interessa loro, ma a farlo devono essere persone che possano essere testimoni credibili”.

Di anno in anno le vocazioni diminuiscono... Dove va la Chiesa?

“Va verso il “piccolo gregge” come diceva il card. Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, già negli anni ‘80. Finisce il tempo delle grandi cattedrali, la società si va scristianizzando.  Forse occorre ripensare uno stile più adatto ai giorni nostri, un diverso coinvolgimento delle comunità locali, ma non ci scoraggiamo e serviamo la Chiesa nel modo in cui è richiesto ora”.

Mariarosa Pontiggia